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Meglio una corsa quotidiana che una quotidianità vissuta di corsa
di Alfredo Donatucci, 08/12/2015

Una corsa non è meglio di un'altra. La corsa ovunque è la stessa, in qualsiasi posto del mondo si corre in maniera identica, si fatica e si suda sempre, come sempre. La differenza risiede nel contesto che si sceglie, in cui l'atleta si allena o gareggia, che spesso contribuisce ad accrescerne o sminuirne emozioni e sensazioni. La Squadra, viceversa, può fare la differenza perché in tema di partecipazione a gare podistiche cura gli aspetti organizzativi ed il tempo, anche sulla scorta del gradimento e dei risultati ottenuti, segnerà il suo nome.

Mancano pochi giorni al Natale, il clima freddo di fuori e il calore degli affetti dentro le mura domestiche indurrebbero a starsene tranquilli, magari vicini al camino senza pensare a niente, in attesa di ricevere regali o di regalare sorprese. Ma è Natale, appunto, e la Santa festività dell'ultimo decennio oltre tutto il resto include anche "La Natalina", una gara podistica di 10 km che si corre a Monterotondo, a due passi da Roma.
Certo (come direbbero alcuni), sarebbe meglio abbuffarsi di cibi deliziosi e dolci di ogni genere e mandare a quel paese la corsa e i vari sacrifici che comporta, per poi riparlarne quando fa più caldo, magari a primavera o addirittura in prossimità dell'estate. Al contrario, il richiamo di quest'ultima vince sempre e, quindi, non esiste un periodo in cui pantaloncini e scarpette finiscono appesi al chiodo, cosicché sembrano perennemente pronti all'uso, desiderosi di per-correre, insieme a chi li indossa, un altro pezzettino di strada prima che il 2015 finisca i vecchi giorni e il 2016 inizi a far scorrere i nuovi.

Guardo il calendario per pensare e programmare, non vorrei rinunciare e pur potendo essere altrove scelgo ancora di esserci, immaginando di ritrovarmi a cambiarmi per avviare la solita mezz'oretta di riscaldamento prima dello start.
I ricordi che legano alla gara sono vari e tanti, però la mente, chissà perché, ritorna al 2004, agli attimi che precedevano la partenza sotto una pioggia battente, all'inesperienza che fece tagliare il traguardo sotto un arco gonfiabile (pubblicitario) che non era quello giusto e giusto per pochi secondi. Ma a "La Natalina" mi lega soprattutto l'acquisizione di una nuova (e duratura) consapevolezza, ovvero la presa di coscienza sulla durezza della gara rispetto alla corsa solitaria vissuta con entusiasmo nella quotidianità, con la conseguente decisione di continuare ogni tanto a correre un po' più forte anche per rallentare il ritmo di quella stessa quotidianità troppo spesso vissuta di corsa.




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