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Argentario, una perla del nostro Bel Paese.
di Ettore Golvelli, 25/02/1015

Un  poeta anglosassone, amante delle bellezze naturali del nostro Paese, disse sull'Argentario: "Il viaggiator che, con pazienza di amante, vorrà goderne tutte le sue bellezze, non rimarrà deluso; per il frettoloso turista , invece, sarà solo un giorno d'amore...a pagamento".
Non aveva tutti i torti il nostro bravo poeta e il suo pensiero si sposa un po' con una mia vecchia teoria: godersi la suggestiva atmosfera di un posto molto bello è di gran lunga più affascinante di un ottimo risultato sportivo e sarebbe una imperdonabile leggerezza contentarsi solo di esserci stato e far solo da "guardone" di un posto indimenticabile.

Monte Argentario sicuramente non ha bisogno di presentazione eppure in pochi, credo, conoscono tutti gli aspetti di questo meraviglioso promontorio: un bel monte mediterraneo  come tanti che sarebbe stato anonimo se non fosse per le splendide scogliere, le baie e le spiaggette sassose che, con i suoi ripidi pendii, si formano a mare.
Era infatti un'isola. Per azione del moto ondoso e delle correnti si è formato prima il tombolo centrale, sul quale adesso sorge Orbetello, collegato all'Argentario con una diga. In seguito i tomboli della Giannella a Nord-Ovest e di Feniglia a Sud-Est, che unendo l'isola alla terraferma hanno dato luogo alla formazione della Laguna di Orbetello.
La laguna è un angolo di natura straordinario: una pineta costiera incantevole che si estende per circa 500 ettari subito a ridosso della laguna. Alba o tramonto, freddo o caldo, fa lo stesso. Oggi infatti, nonostante la pioggia, si vedono fenicotteri rosa intenti a pescare, aironi sonnolenti su di una zampa sola, nutrie e folaghe che giocano in tondo sull'acqua. È un vero spettacolo della natura.



Punto di partenza di questo emozionante Trail che ci porterà alla scoperta dell'Argentario, è il porto principale di Porto Santo Stefano che,  con il maltempo di oggi, rigurgita di barche, motoscafi e panfili, unitamente  a vaporetti che arrivano e ripartono manovrando in un vivace trambusto, coperto solo dal vociare eccitato dei podisti che sotto la pioggia incessante, aspettano a partire.
Si parte finalmente  e dopo  aver attraversato il Lungomare Navigatori e il porto vecchio, si arriva allo storico molo Garibaldi: dal suo porticciolo, barche e navigli di vario genere sciamano per ogni dove, tra spume d'onda e rombi di motore.
Dopo il mitico molo si passa per il "Siluripedio" che prende questo nome perché si trova nelle vicinanze di una struttura militare  costruita nel 1941, per i test di prova di siluri per sommergibili. Gli scogli che si vedono, sono l'appendice di una piccola sorgente  di acqua salsoiodica  detti" Scogli dell'Acqua Purgativa".
Adesso si sale un po' e si arriva in prossimità di Punta Lividonia, considerata da sempre una postazione militare strategica dovuta alla visuale privilegiata sull'isola del Giglio, sui Monti dell'Uccellina e sul Monte Amiata. 
Qui il mare è bellissimo ed è veramente un'impresa accedervi se non si possiede una barca. Occorre infatti scendere per il crinale  su dei sentieri  degni di uno stambecco. Alla fine lo scendere li è il meno...pensate  al ritorno!!!
Si comincia a salire verso Monte Spaccabellezze, il punto più alto di Punta Lividonia.  Da quassù la costa  e' scura  e segnata dalle dure burrasche invernali di maestrale che tagliano in basso la montagna, creando spettacolari scogliere e minuscole spiagge e...conquistarle è croce  per chi una barca non c'è l'ha. Perché raggiungere via terra quelle scogliere e quelle spiaggette, è quasi un impresa da scalatori: sentieri stretti e scoscesi scendono giù dalla strada  panoramica serpeggiando  nella macchia, avventurandosi su costoni rocciosi, precipitando per ripide rustiche scalinate per arrivare fino all'agognato mare...
La corsa continua...
Dopo avventurosi e stretti sentieri si arriva in cima al monte dove la vista spazia a 180 gradi. Da qui è possibile vedere il Faro di Lividonia o Semaforo di Porto Santo Stefano, un manufatto spettacolare  per la sua forma a castello  di color rosso  e la piccola torre bianca.
Più in là, a Nord, si intravedono case abbarbicate sulle rocce che si arrampicano sempre di più  sulle pendici del monte, sgomitando a destra e a sinistra  in cerca di nuovi spazi. Sono le case più alte di Porto Santo Stefano: i germogli apicali di un paese venuto al mondo molto dopo e con le origini plebee dei pescatori emigranti. Case che traboccano di vitalità da ogni angolo  di strada, da ogni finestra.
Si continua a salire e il percorso  sulla costa occidentale prosegue fino a sopraggiungere alla Cala Grande, una delle spiagge più grandi dell'Argentario. Oltrepassando una stimolante  macchia verde, composta da lecci ad alto fusto appaiono, tra i rami degli alberi, le brillanti acque di questa cala.
È davvero spettacolare: immersa nel verde e caratterizzata da un'ampia spiaggia, Cala Grande è completamente esposta al Maestrale, come una modella nuda che si mostra al suo scultore.
Il fondale poi...e' abbagliante, ideale per fare sport sull'acqua oppure rasserenanti nuotate. Ci sono  punti della cala dove gli scogli in riva al mare sono talmente grandi e levigati dall'attività delle onde, da diventare addirittura comodi per qualsiasi uso.
Cala Grande, avvolta dagli ulivi, è un posto veramente suggestivo ma per apprezzarne pienamente l'avvenenza è necessario munirsi di maschera subacquea  per poter ammirare il fondale marino che, in questo punto, è di rara bellezza. 
In questa zona l'Argentario  offre squarci di paesaggi incontaminati, con tutto il fascino intenso delle forze naturali.
Si arriva poi alle Colonne, spettacolari scogliere che cadono a precipizio sul mare. Qui le pareti rocciose precipitano nelle onde creando altissimi muraglioni, a volte ruvidi di spuntoni aguzzi di pietra viva e forati da mille grotte e anfratti.
Più avanti, dopo la scogliera della Riccitella, appare l'Argentarola, un piccolo isolotto con pochissima vegetazione; un tempo era caratterizzato dalla presenza della foca monaca  che aveva insediato la propria colonia nella Cala di Bove.
Proprio di fronte all'isolotto sorge una delle località più idilliache  della Toscana, che al tramonto diviene uno specchio d'acqua dai mille colori, con il suono delle onde, il fischio della brezza, il lontano richiamo dei gabbiani. Si chiama  Cala Moresca ed è il  gioiello della Costa d'Argento occidentale. Prende il nome dalla torre (oramai un rudere) posta a guardia della costa, dove frequenti erano  le scorrerie dei pirati saraceni. Un piccolo e solitario avamposto dello stato spagnolo dei Presidi che ha lasciato ben altre imponenti e ben conservate fortificazioni a Porto Ercole e a Porto Santo Stefano.

Si prosegue e da Cala Moresca, dopo aver superato Punta del Gesso, si continua su di una costa molto frastagliata, con Cala Piccola che si apre di fronte a noi scogliosa, chiusa a Nord da Punta Colapiatti. Proprio in prossimità di questa cala si trova, in profondità, il suggestivo Scoglio del Corallo, di cui ne è ricchissimo e racchiude una serie di grotte sottomarine  ad una profondità di circa  30 metri.
Adesso la costa sale e diventa più alta e rocciosa; il mare si allontana vertiginosamente, e appare improvvisamente sulle pendici occidentali a picco sul mare, la Torre di Capo d'Uomo, con un panorama mozzafiato. Qui la costa è altissima, rocciosa e molto scoscesa e sale fino alla Torre della Maddalena, oltre la quale il crinale prosegue frastagliato fino alla Punta della Maddalena.
La sensazione è quella di essere in cima al mondo e dal rudere di un'antica torre d'avvistamento mi godo la bellezza di questo mare che fonde i suoi splendidi colori con il cielo, facendo diventare questo posto, indimenticabile.
Dalla splendida finestra di Capo d'Uomo si apre all'orizzonte una vista incomparabile. 
In prima battuta la sagoma inconfondibile dell'isola del Giglio e, in lontananza, la sua sorella minore Giannutri. 
Siamo nell'Arcipelago Toscano in cui l'isola d'Elba, la più grande delle perle di Venere, si impone per la sua maestosità e fa da regina  alle altre piccole principesse: Gorgona, Capraia, Pianosa, Montecristo, Giglio e, dulcis in fundo, la piccola principessina Giannutri, isola di fascino e di mistero, ricca di storia e di un passato denso di avvenimenti di cui essa e testimone e complice allo stesso tempo. Impressionante trovarsi di fronte ad un gioiello così antico, e nonostante tempo e vandali, ben conservato. Cielo, terra e mare si incontrano e si scontrano su questo piccolo scoglio a poche miglia dalla terra della Maremma, un'oasi di pace così vicina al continente  che stupisce ancora  per la tranquillità e la genuinità che vi si può trovare. Tanto selvaggia quanto affascinante, Giannutri la si odia o la si ama: non ci sono vie di mezzo.

Quassù, sui ruderi di Capo d'Uomo, tutto appare così diverso, singolare, magico. Per un momento si abbandonano tutte le abitudini della vita del continente e si viene trasportati da una atmosfera naturale e selvaggia. Non ci si può che innamorare di un posto così, delle cose che si vedono, delle persone che si incontrano, degli sguardi che si incrociano: tutti accomunati dal desiderio di conoscere  questo posto ed apprezzarne i suoi angoli  più nascosti.

Ma purtroppo la corsa continua...

Adesso si scende e la visione diviene addirittura ubriacante, da...sorseggiare lentamente..
Le pareti rocciose che cadono a picco mostrano un mare che si rivela splendido nella preziosa gamma delle sue sfumature, dal blu cupo al verde smeraldo.
La natura selvaggia degrada, a tratti, in un dolce pendio ricoprendosi di vegetazione  che sfuma nel mare, creando deliziose spiaggette fiancheggiate dall'azzurra acqua.
Alla mia destra un possente gruppo scultoreo, scavato dai vento, con strapiombi ciclopici, si specchia nell'intenso azzurro del mare, ora illuminato da un tiepido e piacevole sole.
Un piccolo arco naturale s'innalza verso il cielo in maestosa solitudine , tra ciuffi di mirto  e macchie di ginestre incastrate tra le rocce. Uno scenario preistorico, stupendo, dimenticato dal tempo e, fortunatamente, risparmiato dagli uomini.
Giù, in fondo, a sud, l'isola Rossa, raggiungibile solo dal mare...e solo se si trova posto.

Dopo questa ubriacante visione si continua lungo la cresta marina del promontorio  e ci si addentra al suo interno fino ad incrociare la strada per Porto Ercole. Questa strada panoramica, sterrata, ci porta fino alla cima di Forte Stella dalla quale si può ammirare un panorama marino fino al Tombolo della Feniglia dove una lunga distesa di pini, sugheri e ginepri nascondono una spiaggia bianchissima, il regno di fenicotteri e daini che danzano e scorrazzano indisturbati.
Dietro la cima di un verde colle si nasconde Porto Ercole, piccolo centro con tante storie alle spalle, fiero delle fortezze esagerate che lo sovrastano, orgoglioso di aver dato  al povero Caravaggio (che ne avrebbe fatto volentieri a meno) un posto per morire (la pineta della Feniglia),  con un po' di puzza al naso per il turismo d'élite e nobiliare che lo frequenta.
Questo bel borgo se ne sta sonnacchioso  nel suo angolo di monte, guardando con distacco panfili e yacht che vanno e vengono da Cala Galera, il punto strategico che permette di raggiungere in breve tempo alcune delle più belle isole del Mediterraneo.

Adesso si scende verso il centro del promontorio  in direzione Pozzarello, il traguardo finale, dopo aver dato un'occhiata fugace  al Convento dei Passionisti, un'oasi di pace immersa nel verde della macchia mediterranea, che nel XVIII secolo S. Paolo della Croce scelse per fondare la sede del proprio ordine: i Padri Passionisti.
Un'ultima propaggine chiude ad Ovest la Cala del Pozzarello e la vista in alto del Forte Pozzarello da' il segnale che la corsa è al suo epilogo e lo spettacolo...e' finito.

E questo è l'Argentario.
 Piccolo, e con tante storie alle spalle, questo promontorio era un'isola fino a meta' del secolo scorso; non per gli istmi sabbiosi che c'erano anche prima da un bel pezzo, ma semplicemente  perché era  di quelli  che vi erano nati e che li, quasi certamente, avrebbero trascorso la vita.
Era gente semplice e generosa...
Quelli del continente invece, erano lontani. 
Abitavano laggiù, in quella striscia di terra che si vedeva in lontananza, laddove il Grecale prendeva la rincorsa per fare baruffa nei suoi porti.
D'estate venivano a godersi il sole, il mare e il profumo del mirto e del rosmarino. Ma, erano pochi e con un concetto antico dell'ospitalità...e ai primi giorni d'autunno se ne tornavano alle loro case, nel continente.
Poi la grande colonizzazione turistica ha sconvolto ogni cosa. Gli abitanti hanno cominciato a vendere i loro poderi ai VIP bisognosi di una casetta con piscina  sulla scogliera e il pesce ai grossisti  che lo portassero nelle pescherie delle metropoli.
Si sono arricchiti...l'Argentario però si è impoverito: i suoi verdi  pendii non sono più così verdi,  le scogliere si sono un po' abbruttite,  le spiagge sono state deturpate da costruzioni scriteriate e insulse privatizzazioni...e il cuore della gente dell'isola si è rimpicciolito. E l'Argentario è diventato triste...

Vi lascio con la citazione di un noto naturalista che di mare  e isole era un vero esperto.
" .......staccarsi dall'Argentario momentaneamente, sentirsi trafiggere l'anima dal pensiero della partenza, per poter poi trovare l'immensa gioia del ritorno. Per molti la partenza è una rivelazione: solo ritornandoci, dopo aver visto e rivisto il mondo al di fuori, si comprende qual premio la vita concede a chi vi rimane......".
 
Buoni chilometri a tutti gli amici podisti.



Ettore Golvelli

Gara: Argentario Trail (22/02/2015)

SCHEDA GARA



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