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La maratona della terra del ghiaccio
di Alessio Petrelli, 29/08/2015

Cari orange, vi scrivo mentre mentre me ne vado in giro per la selvaggia bellezza dell'Islanda. Paesaggi incredibili, ultraterreni, di rocce nere, laviche, geyser, ghiacciai e vulcani, che fanno parte dell'immaginario di tutti gli amanti della natura, ma che nessuna foto o filmato può rendere nella loro intensità. I bambini sono cresciuti, si può finalmente riprendere a viaggiare, e cosi riesco a realizzare questo sogno.
Un viaggio in Islanda però richiede un'organizzazione capillare: infatti, ahi noi, è uno dei paesi più cari al mondo e la prima impressione che si ha provando a stimare un budget sulla Lonely Planet o sui siti specialistici è scoraggiante. In realtà prenotando il volo e l'auto con molto anticipo e soprattutto alloggi con angolo cottura, che consentono di evitare il vero salasso di ristoranti e affini, l'impresa diventa fattibile. Cosi mi accorgo che il periodo previsto coincide casualmente (giuro!) con la maratona. Insomma, per farla breve, come farsi scappare una maratona in pieno agosto, da preparare nel bel mezzo della torrida estate italica? Nulla di più eccitante per esaltare il masochismo del runner. E cosi, seguendo la tabella del buon Fulvio, via di lunghissimi in orari improbabili per riuscire a muovermi con temperature almeno inferiori ai 30 gradi.

Poi in un attimo mi ritrovo al 22 agosto con 10 gradi e la Maratona di Reykjavík da affrontare. Non piove, e questa è già una buona notizia, ma il vento si fa sentire: insomma, fa freddo. Non essendo particolarmente ansioso in genere mi presento alla partenza più tardi possibile. E cosi anche stavolta arrivo circa 50 minuti prima per scoprire … di ritrovarmi in zona partenza in solitudine. Il dubbio mi assale: ho sbagliato orario, la maratona non parte alle 8.40, mi è sfuggito qualcosa?. In un attimo verifico la correttezza dell'orario e mi chiedo se una qualche epidemia artica abbia colto tutti i partecipanti alla maratona. In realtà nel giro di pochi minuti l'area inizia a popolarsi del variopinto mondo dei maratoneti, che in questo caso provengono principalmente dalla Scandinavia, anche se più di 70 Paesi sono rappresentati.
Gli iscritti alla maratona sono poco più di mille, ma la contemporaneità con la mezza maratona e la staffetta contribuiscono a creare un'atmosfera affollata, ma sempre molto serena. Perché tutti all'ultimo minuto? Semplicemente perché la perfezione dell'organizzazione consente di sbrigare tutte le attività preparatorie, che in genere richiedono un certo tempo, in pochi minuti. Le stanze di un grande edificio pubblico adibite a spogliatoi, dove poter lasciare la propria borsa, i bagni chimici numerosissimi senza code, l'accesso alle griglie senza ressa. Poi la partenza.

I primi 18 km si corrono insieme agli atleti della mezza. Mi colpisce la presenza femminile, impensabile alle nostre latitudini. Tante donne, moltissime giovani e belle scandinave, tanto da dare l'impressione che la distribuzione per genere sia equamente ripartita.
Il percorso è suggestivo, si corre lungo il perimetro della penisola che ospita Reykjavík, ci si può distrarre ammirando questo paesaggio marino inconsueto per noi, artico, scuro per le rocce basaltiche e candido per la neve che fa da sfondo, ma che sembra cosi vicina da poterla quasi toccare. I chilometri scorrono piacevolmente, anche perché dal dodicesimo al diciottesimo c'è un lungo biscotto, che consente di osservare la corsa degli atleti di testa. Il percorso privilegia l'ambiente, non si passa in zone molto popolate, quindi manca quel tifo che dà calore alle grandi maratone internazionali. Qualcuno ad incitare tuttavia c'è. Poi gli atleti della mezza, la maggior parte, se ne vanno verso destra, ci ritrova a correre quasi da soli, e iniziano le difficoltà.

Si lascia la costa, ci si addentra nella periferia, lungo ciclabili e parchi, ma con continui saliscendi che non consentono di prendere il ritmo e mettono le gambe a dura prova. Al km 32 si riprende il lungomare, il percorso si addolcisce, ho la fortuna di percorrere qualche chilometro con un ironman milanese, che mi affianca e mi racconta le sue numerose imprese, che includono anche un numero inimmaginabile di maratone. Ha voglia di chiacchierare, a me fa piacere, e ci distraiamo un po' a vicenda. Al 37simo però arrivano immancabili i sintomi della sofferenza. Lo lascio andare, e rapidamente si impossessa di me quella simpaticissima sensazione che la maratona sa offrire: le gambe si rifiutano di proseguire. Sembra di avere ancora fiato, ma non c'è nulla da fare, loro si ammutinano e non vogliono più saperne. Ho provato a fare il furbetto assumendo integratori, sperando cosi di farla franca, ma non c'è nulla da fare. In alcuni casi cerco le risorse e le motivazioni più profonde per andare avanti senza rallentare troppo. Stavolta no, mi arrendo subito.

Il tempo finale è l'ultimo dei miei pensieri, mi sento fortunato, appagato e soddisfatto di poterci essere, mollo tutto e vado di abbrivio fino al traguardo. Ho ancora il tempo di emozionarmi per il tifo dei miei bambini prima di passare il fatidico arco. Un piccolo segnale di ipotermia mi raggiunge poco dopo l’arrivo, ma al ristoro nulla di caldo, solo acqua e sali gelidi. D'altronde, siamo o no in Islanda, in Iceland, la terra del ghiaccio?


Gara: Reykjavik Marathon (22/08/2015)

SCHEDA GARA



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