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I Tre chilometri più duri delle nostre vite (ovvero Il giorno in cui odiai la Corsa – per pochi minuti - )
di Roberto Lombardi, 28/07/2013

I nostri Orange a Campotosto

I nostri Orange a Campotosto

I timori alla vigilia della gara di Campotosto non si erano rilevati infondati. Tutti sapevano che sarebbe stata dura, ma più di tutto potè l’incoscienza, o la fiducia.

Lasciatemi usare una piccola metafora.
Si dice che le donne al parto provino il loro più grande dolore fisico, ma qualcosa di più profondo non fa considerare questo particolare e le donne continuano a partorire.
Questo è un caso di incoscienza e di fiducia.

Nel mio caso la responsabilità è di una compagna di squadra che rimarrà anonima.
E’ lei che ha paragonato questa gara ad una “passeggiata”. Le ho creduto, mio malgrado. Ma credetemi, non ho né risentimenti né malanimo.
Voglio dire che qualunque persona di buonsenso capisce immediatamente che se ci si mette a correre attorno ad un lago senza ombra in un mattino d’estate con un atroce caldo, peraltro già previsto, per ben 25, dico VENTICINQUE chilometri, si va incontro a qualche problemino.
Sono questi i misteri che uniscono noi runners. Chi ce lo fa fare?
Come spiegare ad un profano il motivo profondo che porta semplicemente a concepire simili imprese? No. Non ho risposte e provo a fare una cronaca da un punto di vista di un TAP runner. L’opposto del TOP runner. Si, il TAP runner è uno di quelli che arriva tra gli ultimi, ma non molla. Fa la stessa strada del TOP, ma al traguardo, trova quello che è rimasto del ristoro e non gliene frega niente. Il punto è tagliare il traguardo.

Allora, torniamo a Campotosto. Dall’inizio. Foto di rito con il Pres e il suo urlo “PER LA PODISTICA HIP HIP HURRAH!!!”
E si parte, galvanizzati. Il sottoscritto si era sottoposto a fior di allenamenti per affrontare questa gara dura, ma ahimè, già al secondo km il dolore su polpacci e pancia dava difficoltà. Stringere i denti, ragazzi, stringere i denti.
E avanti, piano piano, chilometro dopo chilometro. E al dodicesimo chilometro tutto sembrava passato. I tempi sembravano quasi decenti, il male attenuato e qualche sorpasso effettuato.
Avanti.

Ci spinge un’organizzazione commovente. Ettolitri d’acqua e sali minerali sono offerti in continuazione. I commissari di gara sorvegliano noi agli ultimi posti per essere sicuri che non abbiamo ancora collassato.

Dal 13° al 22° chilometro sintetizzerei la gara di Campotosto come “fatica, tanta fatica. Sole, tanto sole. Acqua, tanta acqua da bere”.

Ci aiuta il paesaggio: montagne intorno a noi, silenziose e austere.
L’opera dell’uomo che ha costruito dighe e ponti, e nel lago, carpe, tinche o trote nuotano a pelo d’acqua e tu le invidi perché loro non conoscono il sudore che ti sta colando copioso da tutti i pori, vergognosamente.

Ci aiutano gli amici di Finale Emilia che erano presenti e ai quali dici “ Molto buono il vostro formaggio” E loro ti rispondono “Zi credo ci avete prossiugato”. Riferendosi, con un marcato accento, alla notevole quantità di prodotto caseario acquistato dai podisti solidali.

Incredibili questi amici emiliani che ho incontrato all’inizio degli ultimi tre chilometri.
I peggiori tre chilometri della mia vita. Una signora emiliana, visto il mio stato di sofferenza, mi ha offerto una bottiglietta d’acqua che ho accettato.
Era l’inizio della fine, in tutti i sensi. Mancavano da allora solo tre chilometri al traguardo.

Volevo già pregustare la pasta che mi aspettava, il meritato riposo, gli scherzi con i compagni di squadra, la medaglia. Insomma tutte quelle piccole grandi cose che danno un senso alla nostra vita di podisti della domenica, ma invece, come esclamerebbero i nostri amici emiliani “BOJA D’UN CAN LADER” cioè “ porco cane!” (e scusate la prolusione), non ho pregustato un bel niente!

Dal maledetto 22° chilometro è calata la notte del corpo.
Tutti i muscoli, affaticati, hanno cominciato a bestemmiare e a ribellarsi. Sembrava dicessero: “Ma pensi che siamo d’acciaio?? Di carne, amico mio, di carne siamo fatti e siamo sfiniti!!!!”

Ed io lì, passo dopo passo a gestire queste lamentele e a provare a tranquillizzarli. “Fatevi i bravi ragazzi…ancora un po’ e ci riposiamo…”
Quanto sono lunghi trechilometrieduecentometri???
Non lo so. Il tempo sembrava fermo. Ogni passo uno sforzo indicibile.
Camminare? Necessario. Correre ancora? Possibile, ma con tempi ridicoli.
Quanto è vicina la perdita dei sensi? Nella mente si affollano immagini. I corridori e marciatori delle olimpiadi che svengono vicino al traguardo. I familiari. L’ultimo scudetto vinto dalla Roma. Una birra gelata.

Coraggio, è quasi fatta!
E poi all’improvviso, dietro una curva sbuca lei, la tua compagna di squadra che ti aveva detto che questa corsa era una “passeggiata”, e invece, in questo momento, sei vicino alle allucinazioni.
Lo sa, lo sa anche lei che l’ha fatta grossa e si scusa.

Ma eccolo il traguardo, finalmente!
Ma non è una bella visione e un bel sentimento.
La fatica e il dolore sembrano avere il sopravvento.
Sono vicino alle lacrime.
Ce l’ho fatta. Tre ore secche, ma ce l’ho fatta!
Ma il resto del corpo è molto, molto arrabbiato.
Per un tempo indescrivibile odio la corsa.
Odio le gare, odio le scarpe A3, le canotte, i podisti e i traguardi.
Voglio solo sdraiarmi e non posso farlo.
Non mi sono mai sentito così. Sembro un figlio degenere.
Poi, però, poco a poco torna il sereno.

Il grande maratoneta, oltre che compagno di squadra Fubelli, mi rimette in ordine, dall’alto delle sue 160 (!) maratone. Mi dice solo “Bravo, bravo. Ottima base per una maratona”.

Il Pres rincara la dose “Basta lamentarsi! Erano solo 25 chilometri!”
Il Pasta Party è una festa davvero e mi viene “inflitta” una porzione intera quando ne chiedo solo metà perché anche lo stomaco si è contratto.
Gli occhi felici e stanchi di Lucia Perilli, grande organizzatrice e padrona di casa di questo evento riportano definitivamente la pace.

Continuerò a correre e a soffrire.
Sto meglio adesso.
Mi accorgo di avere un’abbronzatura ridicola, che ha la forma della canotta e ovviamente intorno al polso, dove c’era il cronometro, la pelle è ben più chiara. Andare al mare adesso sarà esporsi al pubblico ludibrio.
Non è che mi importi molto.

Ho corso la distanza più lunga della mia vita, ho incontrato gente meravigliosa e tutti dicono la stessa cosa: quei tre chilometri finali sono stati i più duri che abbiano mai percorso. Mal comune, mezzo gaudio.
Gaudenti continueremo a correre, insieme.

Roberto Lombardi


Roberto Lombardi

Roberto Lombardi

Gara: Giro del Lago di Campotosto (T.S./C.E.) (27/07/2013)

SCHEDA GARA



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