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“Lettera a Mio Figlio sulla giornata del 20 marzo”.
di Sandro Pecatelli, 24/03/2011

Maurzio Ragozzino e Sandro Pecatelli

Maurzio Ragozzino e Sandro Pecatelli

Maratona di Roma, 20 marzo 2011

Ti vorrei raccontare, caro Gabriele, un frangente di corsa di domenica tra le strade di Roma. Tu sai benissimo che io non avevo nelle gambe (fiato sì, però) i 42,195 km ma ero determinato a finirla anche se ho temuto di non farcela in due precisi momenti.

Uno è avvenuto al 20 km quando ho sentito mancarmi un po’ di lucidità mentale forse dovuto alla digestione (bevuto troppo) o la tensione della gara. Mi è sembrato di provare le vertigini. Ho avuto paura di fermarmi ma poi tutto è passato in poche metri e non ho accusato altri fastidi.
Il secondo momento è avvenuto al 27 km e quello me lo aspettavo anche se ho sperato fino all’ultimo che non arrivasse.

Passate le 3 ore di corsa le gambe stavano esaurendo la loro tenuta. I muscoli non reagivano più bene e dovevo impegnarmi per farle girare (le gambe). Avevo tenuto un passo lento, invero troppo lento per me che ha finito per imballarmi, ma finora avevo camminato solo ai rifornimenti per poi ripartire sempre con una bella spinta e la sicurezza di poter andare ancora avanti. Ma al 27 km decidevo di cedere il passo di corsa e alternarlo con una veloce camminata. Purtroppo, anche il camminare mi induriva le gambe, segno che avevo superato il limite della mio potenziale e la mia condizione non permetteva di andare oltre.

Tuttavia, ero deciso a non mollare. Dovevo farcela così mi alimentavo, bevevo, sinanché, facevo i bisogni fisiologici, così mi liberavo di qualche etto. Era poca cosa ma tutto può servire in certi frangenti! Passava il km 28, 29, 30 sino al 34, dove alternavo camminata e corsa, e, più la prima che la seconda. Abbandonavo il lungotevere per entrare nel cuore di Roma (piazza Navona) e sapevo che il più era fatto. Il traguardo si avvicinava ma erano finite anche le energie. Continuavo a alimentarmi e idratarmi, però, senza esagerare per paura di disturbi intestinali.

Attorno mi passavano tanti podisti che avevo superato tempo primo ma non dovevo demoralizzarmi! Mi raggiungeva e superava anche un compagno della mia società (Maurizio Ragozzino) che mi incitava a resistere.

Al 35 km c’era un altro rifornimento e il compagno si fermava per bere e mangiare alla ricerca di energie quindi forze. E io cosa facevo? Lo imitavo. Questi ripartiva e ho pensato di seguirlo, prima timidamente e poi con maggiore convinzione. Un passo, due passi e lentamente mi avvicinavo a lui. Mi mettevo nella sua scia e resistevo. Cominciavo a sentirmi meglio, le gambe giravano di nuovo. Non solo mantenevo la scia ma potevo anche affiancarlo. Acquisivo nuova vitalità, ‘un miracolo’ mi dicevo.

Ho avuto la tentazione di mettermi davanti a fare il passo ma ho evitato sia per paura di una nuova crisi sia perché mi piaceva correre affiancati. Ho pensato che ci potevamo aiutare a vicenda e raggiungere, così, il traguardo. In qualche modo volevo contraccambiare il favore perché senza quella maglia Orange di Maurizio sarei andato alla deriva. Forse, lui non aveva bisogno di aiuti ma, illudendomi di poterlo aiutare, aiutavo me stesso.

E così siamo andati sino al traguardo, uno affiancato all’altro. Negli ultimi km più volte abbiamo detto: “non vedo l’ora di vedere Pino” sapendo che ci aspettava a pochi metri dal traguardo. Non vedevamo l’ora di vederlo e sentire il suo immancabile incitamento.

Il Colosseo era vicino ed era lontano ma poi, come un lampo di sole, ai 500 metri dal traguardo, ecco Pino con la fotocamera che gridava: “vai Maurizio, grande Maurizio che stai terminando la tua prima maratona. Forza Maurizio, forza Sandro… 500 metri ed è finita!”

Voglio credere ci siamo aiutati a vicenda e, dato che all’arrivo aveva poco valore chi attraversasse prima, abbiamo fatto la volata insieme stringendoci la mano anche se Maurizio stava mezzo passo avanti me.

Caro Gabriele, ti sarai accorto dal acconto che ho sfruttato alcuni insegnamenti delle gare di bicicletta viste in tante ore di TV per finire la maratona. Nel podismo sfruttare la scia, non stare al vento conta poco. Si può risparmiare un 10 percento di forze mentre in bici si arriva anche al 30 percento. Nella mia azione ho pensato anche a te e alle nostre uscite in bici dell’estate scorsa mentre ci sfidavamo a ogni cavalcavia perché di salite al mare non ce ne sono.

Un caro saluto,
tuo papà Sandro


P.S. approfitto per un ringraziamento a Pino, Gianfranco, Paolo, alla Podistica Solidarietà e ovviamente a Maurizio


Sandro Pecatelli

Sandro Pecatelli

Gara: Maratona di Roma (20/03/2011)

SCHEDA GARA



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