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Un urban trail tra calli, ponti e campielli
di Fulvio Azzali, 08/05/2017

Il suggestivo passaggio notturno sui ponti veneziani

Il suggestivo passaggio notturno sui ponti veneziani

Un trail notturno in pieno centro a Venezia, con 51 ponti da attraversare? E perché lo chiamano trail, se non si corre tra boschi e montagne, ma in una città completamente piatta? La difficoltà sarebbe passare su qualche ponticello? E che sarà mai? E poi quell'esagerazione della luce frontale obbligatoria, sarà per fare un po’ di scena, ti pare che Venezia non è ben illuminata?
Quando ho saputo di questa gara, di cui quest’anno si disputava la seconda edizione, sono stato subito attratto dall’idea di correre in notturna in una città magica come Venezia e allo stesso tempo ne ho sottovalutato la difficoltà, pensando che quel “trail” nel nome (specialità di cui sono del tutto inesperto) fosse stato messo solo per fare un po’ di scena. Avendo corso poche settimane fa i 42 km della maratona di Roma (quest’anno resi ancora più difficili dalla pioggia battente), mi dicevo: che sarà mai una corsetta di 16 km? Ahi come mi sbagliavo...

Arrivato il giorno della gara, sabato 29 aprile, mi accingo ad affrontare una piacevole e tranquilla trasferta in territorio veneto. Dopo aver incontrato alcuni amici della Podistica Adria, con cui condividerò questa bellissima esperienza, ci dirigiamo in macchina a Mestre, parco San Giuliano, dove ritiriamo il pettorale e il pacco gara; andiamo quindi a Venezia, pigiati dentro i bus navetta messi a disposizione dall'organizzazione.
Dopo il successo dell’anno scorso, quest’anno ci sono 2.000 iscritti alla competitiva, più altri 1.000 iscritti alla non competitiva; ovviamente è stato messo un tetto alle iscrizioni (raggiunto già qualche mese prima della gara), viste le “difficoltà” logistiche della città in cui ci apprestiamo a correre, le cui strade, o meglio “calli”, non verranno
neanche chiuse al traffico dei pedoni, tra i quali dovremo a volte fare lo slalom.
Raggiunta l’area della partenza in zona San Basilio, sul canale della Giudecca, ci si cambia e si aspetta lo start, mentre l’oscurità scende lentamente sulla laguna, in una piacevole e fresca serata primaverile.
Alle 21 in punto migliaia di lucine si accendono sulla fronte di altrettanti atleti e il serpentone inizia a snodarsi per le calli e i ponti di Venezia. Il primo km è abbastanza facile, su strade asfaltate relativamente larghe, nella zona del porto. Dopo aver attraversato il ponte di Calatrava e il piazzale della stazione di Santa Lucia, si entra nel vivo della gara. I miei ricordi cominciano ora a confondersi in una fantasmagoria di ponti, scalini da salire e poi da scendere, calli, campi, campielli, chiese, statue, canali, gondole, barche, turisti, trolley, ponti e ancora ponti, gli addetti al percorso (bravissimi), un fiume di lucine bianche davanti e dietro di me.



Mi accorgo che la luce frontale serve davvero, perché le calli più piccole sono poco illuminate e ci sono ostacoli ovunque (dalle pedane per l’acqua alta alle bitte per l'ormeggio delle barche); in alcuni punti, poi, si corre sul bordo stretto dei canali, senza protezione, con il rischio di cadere in acqua, mentre gli scalini dei ponti sono
spesso insidiosi. Già, i ponti, ecco la vera difficoltà. Sono tantissimi (51 in tutto, provo a contarli, ma rinuncio quasi subito) e, proprio a causa dei gradini, ti spezzano il ritmo, ti tagliano il fiato e ti distruggono le gambe, come accade con una salita ripida e improvvisa durante un trail nei boschi. Percorriamo i sestieri di Cannaregio e di Castello, con i “bacari” (tipiche osterie veneziane) lungo i canali, superiamo l'Arsenale e ci avviamo verso l’estremità orientale di Venezia, dove ci sono i Giardini della Biennale.
Qui le calli e i campi sono quasi deserti, ogni tanto si incrocia qualche passante, in un campo da basket alcuni ragazzi stanno giocando; siamo a Venezia, eppure siamo lontanissimi dalla città affollata di turisti, tutto un altro mondo.
Quando la vista si apre sulla laguna, si vedono in lontananza, riflesse nell'acqua, le luci della terraferma, di Murano, del Lido; ci fermiamo a fare qualche foto. Vedo sul Garmin che siamo a metà gara, comincio ad accusare la fatica, forse sono partito troppo forte; ma soprattutto ho sete, tanta sete. Sono stato fuori casa tutto il giorno e non ho pensato a idratarmi a sufficienza durante la giornata; solo ora me ne rendo conto.
Non fa caldo, ma c’è umidità e si suda molto. È previsto un solo ristoro al 10° km (una piccola pecca nell’organizzazione della gara); quando finalmente vedo i tavolini,
afferro una bottiglietta da mezzo litro e la bevo tutta, con una voluttà inenarrabile. Va un po’ meglio. Ora siamo lungo la riva dei Sette Martiri, dove c’è l’arrivo della Venice Marathon; qui per attraversare i ponti ci sono le pedane, messe per la maratona e poi lasciate tutto l’anno. Dovrebbe essere più facile, ma ormai la stanchezza è tanta e io maledico ogni ponte che incontro. La riva è larga e si corre bene, ricominciano i turisti, sempre più numerosi, che fanno un tifo scanzonato e allegro, mentre i bambini allungano la mano per darmi il “cinque”; questo mi dà una grande carica, un'iniezione di energia proprio quando ne ho più bisogno, come accade negli ultimi chilometri della maratona di Roma. Entriamo in piazza San Marco, grande, illuminata, piena di gente.

Passiamo sotto il campanile; faccio appena in tempo a voltarmi per guardare la basilica e ci tuffiamo di nuovo nelle strette e buie calli del centro. Mancano ancora 3 km e un numero imprecisato di ponti.
Arriviamo sul Canal Grande di fronte al ponte dell’Accademia, il più alto e il più temuto di tutti. Inizio a scalarlo con umile rassegnazione; in cima c’è mia moglie che mi chiama e mi incita con un sorriso. Mi precipito giù dall’altra parte, passo davanti alla
basilica di Santa Maria della Salute e giro intorno alla punta della Dogana. Sono di nuovo lungo il canale della Giudecca: è l’ultimo, interminabile chilometro. Non ce la faccio più, le gambe mi fanno male, respiro affannosamente, ho di nuovo sete; ora è solo questione di testa, manca poco, non devo cedere. Per fortuna
non sono da solo. Ancora un ponte, un altro, un altro ancora... Non finiscono più!
Guardo il Garmin che indica 16,00 km e penso: “O finisce la gara o finisco io!”.
Finalmente sento la voce dello speaker, giro l’ultima curva, vengo accecato dalle luci, accelero, alzo le braccia al cielo. È finita! Bellissima e indimenticabile


Fulvio Azzali

Fulvio Azzali

Gara: Venice Night Trail (29/04/2017)

SCHEDA GARA



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