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Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata
di Stefano Pierdomenico, 23/02/2016

Tutto comincia dall'inizio di gennaio scorso, quando fissando un obiettivo di un'ultratrail a Marzo dovevo scegliere se correre un po' di chilometri il mese prima, partecipando alla maratona di San Valentino a Terni oppure alla China Francigena, una ecomaratona che veniva promossa come una 44 km per 2500 metri di dislivello in salita.
In fondo non scrivo che la scelta era obbligata ma, naturalmente, dopo molti mesi di astinenza dai boschi decido di iscrivermi.
La distanza giusta per allenarsi per quella di marzo, con la differenza che il terreno sterrato è, assolutamente, il miglior test per sondare la forma fisica e mentale.

Parto da casa prestissimo, anche se, per fortuna, i miei compagni di squadra Maria Bianchetti e Fabrizio De Angelis si erano prodigati, il giorno precedente, per ritirare i pettorali della gara. Certamente così facendo ci hanno risparmiato una alzataccia.
Appuntamento alle ore 8. Inforco la moto alle 6:40 e mi dirigo verso San Martino al Cimino; per strada contemplo l'alba che mi rincuora, malgrado le mani congelate anche sulle manopole riscaldate, per il  fatto che, di certo, ci sarà il sole. Arrivato molto infreddolito a San Martino inizio a scorgere nel cortile adiacente alla chiesa di San Martino i volti noti e meno noti dei trail runners. Ancora tutti in tuta ed imbacuccati per le temperature prossime allo zero.
Finalmente arriva zio Braf,soprannome di Fabrizio, e Sweet Mary, soprannome di Maria, i quali distribuiscono i pettorali. Inizio a provare sana ammirazione per chi già riesce ad indossare i pantaloncini corti, io sono molto freddoloso e decido di correre con un pantalone relativamente lungo, sotto il ginocchio.
Malediro' presto questa scelta perché la mia abitudine è di correre o con pantaloni molto corti oppure molto lunghi ma il "pinocchietto" oltre che molto squallido, presto si rivelerà anche molto scomodo.

Decido di riprovare ad usare le scarpe che avevo abbandonato per un difetto che mi dava una gran noia. Le Salomon Speed Cross 3 sono grandiose, solo che nella corsetta in discesa, per il pratico sistema di chiusura tendono ad allentare le allacciature. Chiaramente per ovviare all'inconveniente rinforzo la chiusura con un laccio classico extra. Esiste, comunque, un simpatico modo di chiamarci tra tutti quelli della nostra squadra che abitualmente si dedicano alla pratica del trail running, cioè "i perizomati"...
Quasi uno schiaffo morale per la nostra mancata eleganza nel percorrere strade impervie e dissestate nei confronti dei runners che corrono solitamente gare canoniche e molto lineari su asfalto o in pista.
Scorgo sulla linea di partenza i fratelli Golvelli, Daniel Pfeifer, Micaela Testa per me Miki e basta, poi Daniele Iozzino, Giovan Battista Torelli ed altri ancora.
Alle 9 in punto partiamo, tre sono le competizioni "la Posta" di 11 km "il Nibbio" e la lunga "la China". Tutti e tre i percorsi hanno lo stesso denominatore comune cioè la via Francigena, i faggi secolari ed il lago di Vico.
Dal paese si sale immediatamente immergendosi nelle faggete con la prima salita del monte Venere. Non ricevo ancora buone sensazioni dalle mie gambe ancora troppo rigide fino al 15 km, eppure dopo la prima discesa inizio a farle scorrere e da subito sciolgo gli indolenzimenti e la pesantezza della prima salita.
Sembra proceda tutto a meraviglia una bella giornata e tanta tanta energia. Giunto al 25° km circa abbandono la corsa per affrontare la salita verso il monte Fogliano, per un sentiero caraterizzato da svolte e tornanti stretti.

Intorno al 29° km vengo colpito da un profondo malessere, inizio a vedere bianco e nero e mi ritrovo con il sedere a terra ed un altro concorrente che mi sollevava le gambe.
A tutto c'è un perché, e facendo una semplice constatazione mi rendo conto che fino al 30° km non avevo ben reintegrato e sono arrivato senza più un minimo di energie.
Il ragazzo mi ammonisce dicendomi: "Qui non ti verrà mai a riprendere nessuno ... o riscendi giù, oppure continui a salire". Mi lascia due barrette energetiche ed una bustina di sali, cosi mi rendo conto che la crisi non è arrivata solo per non aver mangiato, ma soprattutto per non aver bevuto.
A mente lucida comprendo che la mattina fa freddo e non si ha molta sete e purtroppo le borracce morbide dello zainetto danno un cattivissimo sapore all'acqua, che dimentico e forse rifiuto inconsciamente di bere. Vedo la luce tra gli alberi e l'orizzonte della cresta conquistata vicina, così dopo essermi fermato una ventina di minuti decido di continuare per quei pochi metri. Con faggi di oltre 30 metri di altezza quella distanza sembra un gioco da ragazzi eppure come si sa, i boschi confondono molto i loro frequentatori con il pericolo proprio di perdere la cognizione del tempo per la scarsa luce che lasciano penetrare e per la distanza, per assenza di punti di riferimento. Per fortuna il percorso e ben segnalato, purtroppo però riesco a sbagliare percorso più volte per mancanza di concentrazione e lucidità. Consapevole di questa mia condizione penso che anche in discesa dovrò porre maggior attenzione ai cartelli ma soprattutto a non cadere, a non farmi male. La scarsa lucidità e la stanchezza possono giocare brutti scherzi. In fondo l'anno precedente proprio in questo periodo partecipavo alla gara "trail del monte Fogliano" con il bel ricordo della corsa sulla neve la quale deve avermi fatto dimenticare questa terribile salita. 
Alla volta del monte Fogliano sulla rampa da dove si lanciano per il silenzioso volo a vela i deltaplani, sulla vallata del lago di Vico, ce ne sono due quasi pronti a lanciarsi nel vuoto e, nel frattempo, al ristoro vengo raggiunto da alcuni compagni oranges tra cui scorgo Giovan Battista Torelli, Daniele Iozzino che proseguono brillantemente ed Enrico Zuccarino. 
Enrico vista la mia profonda crisi, mi incoraggia e divide una lattina di Cocacola, uno tra gli  integratori migliori in certe condizioni. Infine prosegue con me per i restanti chilometri del percorso fino al traguardo.
Di certo serviranno per il futuro tutte le scomodità del pinocchietto, facendomi apprezzare, forse la comodità e l'utilità di un bel "perizoma", magari leopardato e chissà ... scarpette da ballerina ai piedi ...
Come al solito traggo da ogni errore commesso in gara un'esperienza la quale, nella lezione odierna, mi ha insegnato che il sorriso, la condivisione ed il supporto reciproco fanno vincere le crisi peggiori.

La solidarietà dei compagni di squadra, è insostituibile, non a caso la squadra si chiama "Podistica Solidarietà".
In compagnia si affrontano i momenti peggiori, per dimezzare le pene e le sofferenze, ricordando ancora che una gioia condivisa è una gioia raddoppiata.
Ale' podistica! 


Gara: La China Francigena (21/02/2016)

SCHEDA GARA



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