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Un sasso nello stagno: nomadi e/o baraccati a Roma.
di Antonio Passeri, 13/12/2011

Cari amici podisti solidali,

ammiro molto i tantissimi fra voi che si impegnano con entusiasmo nelle più varie iniziative di volontariato a favore di chi ha bisogno di aiuto.

Io credo che la solidarietà nasca prima di tutto da un profondo senso di "ingiustizia", di disagio nel vedere qualcuno soffrire vicino a noi, mentre noi tutto sommato abbiamo tutto.

Vi scrivo oggi per confessarvi che questo senso di ingiustizia da sempre mi assale con grande forza nei confronti dei poveri più smaccatamente evidenti che vivono ai margini della nostra città e quotidianamente ne battono le strade per inventare un modo per sopravvivere. Anche se mi ripeto sempre il discorsetto che ci sono tante altre povertà meno sbandierate ma forse più gravi, che c'e' dietro un problema di fondo di gestione delle minoranze e dei migranti che va affrontato in maniera globale.... niente, non riesco a scrollarmi di dosso questo disagio, è più forte di me.

Vengono generalmente considerati "nomadi", anche se da qualche anno la loro composizione è molto più varia e moltissimi sono tutt'altro.
Frugano nei cassonetti alla ricerca di qualcosa da riciclare, e questo gesto mi provoca sempre un disagio ancora maggiore, mi sembra di abitare a Calcutta dove gli intoccabili vivono letteralmente nei rifiuti.

Accattonano dove non li scacciano, cercando di portarsi dietro bambini piccoli per impietosire la gente, o magari li sfruttano mandandoli in giro ad elemosinare, tristi storie che leggiamo ogni tanto sui giornali.

Per non parlare dei furtarelli di varia natura che alcuni di loro commettono abitualmente. A Roma da molti anni è attivo un programma di integrazione, che si scontra con notevoli difficoltà di attuazione, ma che almeno ha il merito di indurre molte famiglie "nomadi" a mandare i figli a scuola piuttosto che sulla strada, dando a questi piccoli la chance di capire qualcosa di questo assurdo mondo in cui si trovano a crescere. So per esperienza diretta che nessuno di questi bambini si integra nella scuola, ma sono anche convinto che quanto di buono si semina in termini di accoglienza e comunicazione non vada mai perduto.

Ma non è propriamente di questo che voglio parlarvi, perché la questione di come gestire i "nomadi" inevitabilmente divide le persone fra sponde politiche opposte, e certamente non è questo che voglio fare tra noi. Io qui voglio parlare solo di solidarietà su piccola scala, su scala umana.

E per facilitare la cosa credo sia utile fare una grossa distinzione fra veri nomadi e nomadi per necessità, sarebbe meglio dire "baraccati".

I "veri nomadi" sono sostanzialmente i Rom (ci sono anche altre tribù ovviamente, ma i Rom sono i più numerosi), che provengono dai balcani e sono di cultura slava. Sono i tradizionali "zingari", quelli che ci sono da sempre, hanno una tradizione millenaria di vita nomade e rifiutano di diventare stanziali. Nella loro cultura hanno (come tutti) punte di umanità e poesia come pure melme di sfruttamento e criminalità. Questi nomadi non si possono integrare completamente nella nostra cultura, si possono certamente concordare con loro delle regole di convivenza, ma il dialogo con questo popolo resta una sfida difficile.

I "baraccati" sono invece piovuti a migliaia nelle nostre città negli ultimi 10-15 anni, sfuggendo a situazioni terribili nei paesi di origine: fame, violenza, calamità naturali. Spesso vivono a stretto contatto con i nomadi, in conflitto o in alleanza con essi a seconda delle situazioni. Sono persone, famiglie, che hanno una tradizione stanziale, di vita povera ma onesta, lavoro agricolo in genere.

Continuano a venire in Italia perché vivere di espedienti qui è molto meglio che tentare di sopravvirere in qualsiasi modo nel loro paese. Una volta erano tutti clandestini, adesso molti hanno anche i documenti in regola, perché sono cittadini europei. Mi riferisco in particolare ai rumeni, quelli che provengono dalle zone più povere e disperate della Romania. Qualche anno fa mi pare che fra le adozioni a distanza della Podistica Solidarietà vi fosse anche una bambina rumena di una zona devastata dalle alluvioni, che non aveva più nulla... non so se ancora la seguiamo, ma ho ricostruito che da quella zona moltissimi rumeni sono fuggiti in Italia, a Roma, e vivono in rifugi di fortuna dove capita, o magari nei campi nomadi, insieme ai Rom dai quali proclamano la loro diversità. I rom infatti, come detto, sono slavi, mentre queste popolazioni si definiscono con orgoglio "rumeni", ovvero discendenti dai romani, di lingua neolatina e cristiani di religione. Per esempio, nella periferia di via della Magliana, si trova il campo di via Candoni, dove la zona Rom e la zona rumena sono rigorosamente separate.

Tuttavia i Rom, essendo in Italia da molto prima, la fanno un po' da padroni: sono loro a possedere le baracche ed i camper ed a venderli o affittarli ai rumeni. Nel campo opera ogni tanto la comunità di Sant'Egidio, ma è una goccia nel mare. Le famiglie che mandano i bambini a scuola hanno diritto a risiedere nel campo, le altre possono essere "scacciate" in qualsiasi momento dalle forze dell'ordine, il che equivale a distruggere la loro baracca e lasciarli sulla strada.

Anche se non sempre è facile separarli, vorrei ora focalizzarmi solo sulla solidarietà verso questi che ho chiamato "baraccati", lasciando da parte i veri nomadi in modo da evitare divisioni.

Conosco da alcuni anni una donna rumena che accattona nel mio quartiere.
Racconta una delle tante storie a cui non sappiamo se credere o no:
marito malato che sta in Romania, 4 figli, di cui 2 qui con lei e 2 in Romania affidati a chissà chi (e che vorrebbe tanto portare qui), sempre alla ricerca di un riparo stabile. Ospitata prima da altri rumeni, poi finalmente ha ottenuto una baracchetta per se', che la polizia le ha distrutto la primavera scorsa perché non aveva figli a scuola (semplicemente perché non in eta' scolare). Se potesse lavorerebbe volentieri, se solo trovasse una cosa umile da fare (e' analfabeta!!!) e potesse lasciare i figli. Ora, dopo essere tornata in Romania in estate, ha tutti i documenti in regola ed il figlio di 7 anni finalmente va alla scuola elementare. Questo le garantisce di poter stare al campo, ma non di avere un riparo. Degli "zingari" come li chiama lei, le hanno dato un camper ma vogliono essere pagati, e lei non avra' mai i soldi a sufficienza. Si aspetta di essere sbattuta fuori da un momento all'altro e spera che non faccia troppo freddo.

Mi chiedo sempre quanto ci sia di vero e mi dico che bisognerebbe avere il coraggio di andare a vedere. Ma poi non ci riesco, e non so se dipenda solo dalle troppe cose da fare nella vita. E continuo a pensare che, se veramente con poche centinaia di euro si potesse dare riparo stabile ad una famiglia, la sicurezza della scuola ad un bambino, e magari la speranza di guadagnarsi qualcosa da sola ad una madre beh...
forse sarebbe il miglior regalo di Natale che potrei desiderare. Ma è indispensabile andare a verificare che non sia invece un finanziamento a luridi taglieggiatori che sfruttano la disperazione!

Condivido oggi con voi questi pensieri ricorrenti per avere prima di tutto un vostro parere, sia sulla situazione specifica che vi sottopongo, sia sulla più generale applicazione della nostra solidarietà a questo tipo di povertà così vicine a noi nello spazio, ma così separate nei fatti. Ma soprattutto chiedo se vi sia qualcuno fra voi che abbia già dei contatti a cui rivolgersi o delle esperienze in questo mondo di "baraccati", o magari semplicemente qualcuno che condivide il mio stesso senso di ingiustizia e voglia aiutarmi a provare a vedere se ha senso aiutare questa donna che conosco.

Vi sarei immensamente grato se qualcuno volesse accompagnarmi a vedere la situazione al campo, parlare con i volontari che vi operano e capire se ci sono le condizioni per un intervento della nostra società dal grande cuore.

Grazie fin da ora a tutti quelli che vorranno leggere, commentare e aiutare in qualsiasi modo.

Antonio




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