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Red Ribbon, il fiocco rosso simbolo della lotta all’AIDS
di Mario Tannoia, 01/12/2011

Carissimi Podisti solidali,

come molti di voi sapranno, il 1° dicembre è stata la giornata mondiale contro l’AIDS.

Il prossimo anno abbiamo intenzione, come Podistica Solidarietà di organizzare con la Caritas di Roma, in questa ricorrenza, una gara di sensibilizzazione. Per quest’anno abbiamo invece pensato di dare il nostro piccolo contributo

proponendo a chi lo desidera di correre la Best Woman con il Red Ribbon, il fiocco rosso simbolo della lotta all’AIDS.

Abbiano scelto la Best Woman anche perché sono proprio le donne le più esposte al contagio.

Qui di seguito trovate un articolo della responsabile dell’assistenza domiciliare ai malati di AIDS della Caritas che ben sintetizza dati e pericoli di questa malattia.

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“Tutto il mondo il 1 dicembre è sceso in campo per celebrare la Giornata Mondiale contro l’Aids, la malattia che ancora oggi miete molte vittime.
A fronte delle iniziative sul territorio nazionale, un convegno sul tema, al Senato, mette in luce un dato inquietante: troppe donne scoprono tardi di essere sieropositive e “sono più vulnerabili degli uomini di fronte al virus”.

Quasi il 40% delle donne HIV positive scopre tardi di essere stato colpito dal virus, spesso quando l’AIDS è già in fase conclamata. È il fenomeno dei cosiddetti “late presenter” (persone che giungono tardivamente alla diagnosi), in crescita e particolarmente preoccupante. Inoltre le donne presentano condizioni biologiche che le rendono più esposte al virus: sono due volte più a rischio di contagio in un rapporto non protetto rispetto all’uomo. Da qui l’importanza della diagnosi precoce, anche rendendo più facile l’accesso al test.

I “late presenter” da un lato traggono minori benefici dalle terapie antiretrovirali perché il loro sistema immunitario è già compromesso, dall’altro possono assumere comportamenti a rischio e infettare altre persone senza esserne consapevoli. Paradossalmente l’estrema tutela della privacy e i vincoli burocratici fissati dalla legge n.135 del 1990 (con troppi moduli di consenso informato da compilare) possono rendere “ostico” il test. Il tema “Donne e HIV” è stato al centro del convegno tenutosi recentemente al Senato, alla vigilia della Giornata mondiale contro l’AIDS.

«Il 70% delle donne – sottolinea la prof.ssa Antonella d’Arminio Monforte, Direttore della Clinica di Malattie Infettive del San Paolo di Milano – viene infettato da un partner stabile, mentre il 76% dei maschi contrae il virus durante un rapporto occasionale. È quindi l’uomo che normalmente ‘porta’ la malattia all’interno della coppia. Inoltre le donne sono più vulnerabili di fronte al virus: la loro mucosa genitale è più permeabile all’HIV rispetto a quella maschile e gli ormoni femminili, in certe fasi del ciclo, possono favorire l’infezione».

Dopo 30 anni dall’inizio dell’epidemia sono quasi 16 milioni nel mondo le donne affette da HIV, la maggior parte in età fertile. Per queste ultime il virus è diventato la principale causa di malattia e morte. In Europa è in costante aumento il numero di donne colpite: il 35% delle nuove diagnosi riguarda infatti la popolazione femminile.
Le persone che scoprono di avere il virus hanno un’età media di 39 anni (i maschi) e di 35 (le femmine). «I dati del Sistema di Sorveglianza – commenta il prof. Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità – sottolineano l’urgenza di avviare campagne di sensibilizzazione per incoraggiare l’adozione di comportamenti sessuali sicuri, in particolare tra i giovani e la popolazione femminile, e di effettuare il test HIV di routine alle donne in gravidanza per ridurre il rischio di trasmissione dell’infezione sia attraverso i rapporti sessuali che da madre a bambino».

Agli inizi l’AIDS era una piaga sociale più diffusa laddove sussistevano condizioni di estrema povertà e disagio e soprattutto esperienze di tossicodipendenza, negli ultimi anni i casi registrano un incremento di persone di livello sociale medio-alto.
Lo dimostra il fatto che ad esempio tra gli assistiti dell’Assistenza Domiciliare Sanitaria della Caritas Diocesana di Roma ci siano persone laureate (2 pazienti sono medici), persone che esercitano varie libere professioni (commercianti, artisti legati a vario modo al mondo del cinema, della musica, dello spettacolo, artigiani) ma anche dipendenti di pubbliche amministrazioni. Molti di questi pazienti seguiti in assistenza domiciliare, nonostante la malattia, riesce dunque a salvaguardare la propria occupazione lavorativa e può godere di relazioni familiari e amicali soddisfacenti.

Le stime indicano che in Italia sono attualmente presenti tra 143.000 e 165.000 persone HIV positive, di cui più di 22.000 in AIDS. Negli ultimi 15 anni si è verificata una profonda trasformazione nella gestione della malattia legata all’impatto delle terapie antiretrovirali, che si sono dimostrate più efficaci, più facili da assumere e in grado di controllare meglio il virus nel lungo periodo.

«La battaglia contro l’AIDS, non ancora vinta, ha prodotto risultati straordinari in un periodo di tempo relativamente breve, che hanno trasformato la storia naturale della malattia rendendola da rapidamente progressiva e mortale a cronica – sostiene il prof. Andrea Antinori, Direttore malattie infettive all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma – Oggi l’aspettativa di vita di una persona HIV positiva, che riceva una diagnosi precoce, non abbia patologie associate e sia in giovane età, è comparabile a quella della popolazione sana. Ma non va sottovalutato il problema del ‘sommerso’, della sieropositività inconsapevole, rappresentato dai malati che continuano a infettare senza averne coscienza. Intervenire in maniera attiva per individuarli ha decisivi riflessi sociali».

L’emergenza rappresentata dal “sommerso” potrebbe essere superata se sottoporsi al test di sieropositività divenisse nel nostro Paese una pratica normale, facilitata il più possibile per raggiungere anche le categorie più fragili.”

Patrizia Arianna
Responsabile del Servizio Assistenza Domiciliare AIDS della Caritas di Roma




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