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In viaggio con... il presidente.
di Attilio Di Donato, 01/04/2011

Attiliuccio alla Maratona di Roma

Attiliuccio alla Maratona di Roma

Non è uno scherzo perché è il 1° di aprile, è tutto vero o quasi.

Sapete che vi dico stavolta comincio dalla fine, perché il racconto è lungo e forse la fine ve la perdete, poi ritorno all'inizio, spero che avete capito, io no..

questa è la fine del racconto
La morale, amico ti ringrazio, senza di te non so come avrei fatto e quanti soldi avrei dovuto spendere, ora sarai stanco in due giorni Tivoli, Novara e ariTivoli, grazie amico e grazie pure a Cristiano, no quello coi capelli bianchi, Cristiano di Tivoli che ci ha trovato il furgone a gratis, ma la benzina non era a gratis, e grazie pure all’amico di Cristiano perché il furgone era il suo, e grazie a tutti voi amici, ho la pelle come se avessi freddo, tornerò a trovarvi e non dimenticherò mai tutti gli amici della Podistica, anzi sapete che faccio, mi apro un bella filiale qui a Novara.

e questo l'inizio del racconto

Amici, in attesa, così mi hanno detto, del mio nuovo posto di lavoro a Milano, ho cambiato casa e mi sono trasferito, ho lasciato la mia residenza invernale di Bassano Romano e visto che è entrata la primavera, tra poco entra pure l’estate, me ne sono andato al nord da mia sorella a Novara ma io resto sempre a Roma con voi, e non avendo molti euri in tasca il presidente si è offerto gentilmente di aiutarmi nel trasloco.

Al sentire questa notizia sono diventato immediatamente musicista. Ho preso la chitarra e ho scelto due canzoni a caso che avevo già provato non in sede ma in separata sede. Le canzoni sono: “la prima cosa bella” dei Poveri & Poveri e “Un’avventura“ dell’indimenticabile Lucio Battisti. Dovevo cantare assolutamente perché mi sentivo veramente felice per come il nostro Pino si è prestato ad aiutarmi nel mio ennesimo trasferimento.

Ho preso di nuovo la chitarra e gli ho cantato la prima canzone che, come ricorderete, inizia così: “ho preso la chitarra…la….la…la…. ”In sintesi: la canzone non l’ho cantata molto bene perché sono stato per tre minuti a prendere e a lasciare la chitarra, in compenso Pino si è divertito un mondo ad ascoltare il rumore dello strumento che passava continuamente dalle mie mani alla scrivania della sede. Si sa, è uno strano tipo, gli piace di più ridere che ascoltare buona musica. E noi dobbiamo accontentarlo.

Sono passato poi alla seconda canzone. Questa l’ho cantata in modo perfetto. Pino mi ha dato il “la” che non riesco mai a trovare, ma lui, occhio di falco, l’ha subito individuato: era là, sotto la scrivania. Ho cantato il successo di Lucio con una intonazione eccezionale. La gente che passava fuori la sede è entrata per sentire e vedere la faccia di questo nuovo talento musicale. La faccia, si sa, è quella che è ma la musica era sublime. Sono stati tre minuti di autentica estasi per Pino e per l’ improvvisato pubblico dello Scalo San Lorenzo. Ma passiamo ai fatti, pardon al trasloco. Pino è partito alle otto da Tivoli con un furgone. La marca? Mercedes-Benz.

Quando ci siamo fermati a fare il pieno l’omino furbo e gentile alla pompa ha riempito di carburante il nostro veicolo. Tutto a posto. Pagato e ringraziato. Ha letto “Benz” e ha messo benzina. Il furgoncino forse aveva bisogno di essere rifornito con un altro tipo di carburante che qualcuno chiama “gasolio” ma tanto il prezzo è quasi uguale quindi, come dicevo, e come ha detto anche il rifornitore, tutto a posto. Si riparte.
C’è una canzone dei Pooh che fa così: “Sull’ autostrada del sole, come sempre finisce che piove… la… la… la…”. E invece il nostro viaggio è iniziato col sole e finito col sole. Abbiamo sbagliato strada? Hanno sbagliato i Pooh? Ha sbagliato l’Ente Autostrada SpA a dare il nome? Ai manifesti, o meglio, ai “poster” l’ardua sentenza. Io e Pino, almeno in questo in questo caso, non ci entriamo.
Il furgone era pieno. Pino guidava.

Dopo due ore di viaggio mi dice che ha sonno. Da dietro gli occhiali scuri non si capiva se stesse dormendo o meno, fatto sta che aveva assunto una posizione rigida, con le mani ben ferme sul volante e lo sguardo fisso in avanti. Forse era mummificato. Il furgone andava comunque andava e questo era l’importante. Potevo starmene tranquillo. Io di Pino mi fido ciecamente.

Il navigatore aveva smesso di lamentarsi quindi la strada era sicuramente quella giusta. All’altezza di Orte chiedo a Pino se vuole fare una sosta per un caffè. Lui si scuote di soprassalto, apre gli occhi e dice: “si, sarebbe meglio, così mi sveglio anche un pò”.

All’autogrillo c’era un sacco di gente che confabulava. Evidentemente era un autogrillo parlante. E’ comunque un bel posto, a me piace girarci senza comprare niente. Trovi gente di tutti i tipi, dal camionista abbacchiato al turista mordi e fuggi, dalla famigliola buona al provolone in cerca di anima gemella. Siamo entrati e stavamo quasi per picchiarci per decidere chi doveva pagare. Alla fine mi son fatto dare i soldi da Pino e ho pagato io. Lui ha preso un caffè al vetro e io una spremuta di arancia in un bicchiere di plastica.

Quando siamo usciti ho guardato gli occhi di Pino ed erano ancora più addormentati di prima, sarà stato il caffè che gli avrà fatto l’effetto dormiente, o i pezzettini di vetro che c’erano all’interno. Fatto sta che mi è venuta la voglia di chiedergli se potevo guidare io. La risposta è stata “No”, un “no” talmente gridato che lo ha fatto risvegliare più di settemila caffè. Adesso si che mi sentivo tranquillo, sicuro che il presidente fosse in grado di guidare proseguire il nostro viaggio verso il nord.

A Sasso Marconi incontrammo una ragazza che viveva sdraiata all’ombra di una piazza….. No, scusate, mi sono un attimo distratto, quella era la canzone di Venditti, “Bomba o non bomba”, che parlava di un viaggio verso Roma, dimenticavo che noi Roma la stavamo lasciando. A Sasso Marconi incontrammo invece 6000 euro di traffico e senza scatto alla risposta. Il sole splendeva ancora alto nel cielo azzurro e blu.

Finalmente arrivati a Firenze mare ci andammo a fare il bagno nella vasca della casa del casellante. Per 2 euro in più rispetto alla cifra del pedaggio da pagare ci regalò anche una cartolina storica dove ci fece effettivamente constatare che una volta al posto di quel casello il mare effettivamente c’era ma poi per dar lavoro a lui e ai suoi 17 figli il governo decise di costruirci l’autostrada.

Lasciammo Firenze. Pino era convinto che una volta pagato il pedaggio dovevamo proseguire a piedi, io non ero del tutto sicuro della sua affermazione e chiesi informazioni a uno che faceva footing sull’autostrada.
Lui rispose che quando sei in autostrada in macchina si paga il pedaggio mentre a piedi si paga l’autaggio. Adesso le nostre idee erano finalmente chiare.

A Bologna l’autostrada proseguiva ancora. Se volevi andare a Milano c’era la freccia, se volevi andare a Torino c’era un’altra freccia, se volevi andare al poligono di tiro con l’arco vicino Bologna c’erano sette frecce.
Noi prendemmo per Milano direzione Lombardia e piano piano, kilometro dopo kilometro, arrivammo nei pressi della città della Madonnina.

Avevamo entrambi una grande sete. Ci fermammo allora in un’area di servizio e comprammo una confezione di sei bottiglie di acqua minerale fresca. Uscimmo dal bare ci fermammo a bere su una panchina. All’improvviso si avvicina un vigile e ci chiede, in modo burbero: ”cosa fate voi qui? Non lo sapete che sono finiti i tempi della Milano da bere?” “ E’ vero! Scusi signor vigile, portiamo subito le bottiglie in macchina e andiamo a bere a Novara, ci scusi ancora.”

Da Milano a Novara sono circa 50 km e il navigatore a quel punto va in tilt. Ci porta a Rho. Entriamo nel paese e chiediamo a un concittadino, un Rhomano, la strada per Novara.

Lo sapevo. Non era quella giusta. Ci passa il treno che fa Milano, Rho, Novara ma con la macchina è tutta un’altra strada. Sospetto che Pino avesse il navigatore per le strade ferrate altrimenti non si spiega.

Torniamo indietro e passiamo da Magenta, un paese famoso. Pino dice che questo paese è famoso per una rissa che sfociò in battaglia tre o quattro anni fa nel 1859. Ho i miei dubbi. Io sapevo che fosse rinomato perché ci passò un napoletano 400 anni fa ed era quasi disabitato. Lui andava in giro a chiedere, “ma a gente? Ma a ro sta a gente?” e così sto napoletano, amante della solitudine vi si stabilì, mise su famiglia numerosa (22 figli), popolò il paese e diede il nome di “Magenta” a questa bellissima località posta fra Milano e Novara.

Finalmente arriviamo a Novara. Le risaie son tutte piene di acqua. Gli alberi son pieni i di foglie e per le strade circolano ancora macchine con la targa vecchia che non dovrebbero più vedersi in giro, poiché c’è un NO bello stampato seguito da una serie d i numeri insignificanti.

Mia sorella e mio cognato ci aspettano. Mio nipote ci aspetta pure lui ma solo perché se non arriviamo non mangia. Scarichiamo in fretta i 333 cartoni che potevo portare anche da solo col treno e ceniamo da mia sorella.

Il pranzo è a base di riso con i funghi avvelenati per l’occasione. Per secondo c’è provolone Auricchio e salame Milano. Per frutta c’è una mela soltanto che mia sorella (non so come) riesce a dividere in sei parti uguali, un sesto di mela a testa anche se eravamo in cinque.

A fine pasto c’è il classico caffè “La tazza”, che consiste nel porre agli ospiti solo la tazza del caffè, poi vai al bar e te la fai riempire.

Dopo aver parlato un poco (non tutti insieme, ma mentre uno parlava l’altro taceva) accompagno Pino all’ albergo “Croce di Malta” che si trova a Novara in via…. non importa.

Li’ lo aspettano i cavalieri di Malta che lo portano fino in camera. Pino arriva in camera e si fa una doccia. Dopo va a riposare.

Il giorno dopo, accompagnato dai Cavalieri della Croce di Malta, Pino scende le scale dell’albergo con andamento da star. Lasciamo i cavalieri e gli mostro un po’ i monumenti di Novara, dalla torre pendente all’ orecchio di Dionisio, da Castel del Monte a Piazza San Marco. Pino si innamora di Novara e ci credo appena arrivato gli hanno pure intitolato il teatro Coccia ma la podistica lo aspetta, deve subito ripartire.

Toglie il disco orario dal furgone, imposta il navigatore e alle ore 10 esatte del 31 marzo parte per Tivoli.. Adesso sono le 11 del primo aprile e ancora non è arrivato. Le ultime notizie che so di lui è che è passato da Santa Maria di Leuca per abbreviare il percorso. Poi è stato costretto a ritornare indietro. Se qualcuno sa qualcosa di dove è andato a finire lo comunichi al sottoscritto, perché l’albergo risulta non pagato e i cavalieri di Malta sono tutti appostati sotto casa di mia sorella con le spade sguainate e i cavalli imbizzarriti.

Speriamo che tutto vada per il meglio.

ciao amici podistici solidali.

Ciao a tutti.

Attiliuccio.




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