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La scienza o l’arte dell’allenamento
di Giovanni Bandini, 20/09/2021

Il presente articolo è stato scritto da
Giovanni Bandini
da poco iscritto alla Podistica Solidarietà.

Giovanni e’ stato campione italiano di kayak e’ un ottimo atleta che potrebbe portare buoni risultati, visti gli ultimi ottenuti alla
Run Day 6 giugno 2021 con 40,20 sui 10 km e
il 25 luglio 2021 al Triathlon Sprint di Bracciano 750 mt nuoto - 20km bici - 5km corsa per 1ora 11min 7sec,
lui ha scritto un articolo generico che potrebbe aiutarci a capire meglio come allenarsi e migliorarsi.

L’osservazione della complessa realtà che ci circonda ha sempre affascinato l’animo umano, che nutre il desiderio incessante di comprendere i meccanismi che regolano i fenomeni naturali. Il susseguirsi delle scoperte e la creazione di nuove discipline hanno portato allo sviluppo di due tipi di comunicazione. Da un lato la scienza, dall’altro l’arte; l’una, conoscenza razionale che attraverso procedure verificate ricerca una verità univoca, l’altra, espressione soggettiva di chi intende proporre una visione personale.
Cosa c’entra questo con quello che interessa a noi? Cos’hanno a che vedere scienza e arte con allenamento e prestazione sportiva?

La risposta a questa domanda possiamo trovarla nelle parole del prof. Carmelo Bosco, illustre ricercatore italiano in ambito sportivo, il quale afferma che “l’allenamento è un’arte che si basa sulla scienza”.

Nel corso di questo articolo cercheremo di capire il significato di tale affermazione, e perché a mio avviso risulti essere un concetto fondamentale da comprendere per migliorare le proprie prestazioni e quelle altrui.

Per prima cosa mi preme dire che nessuno oggi nel mondo dell’allenamento ha scoperto dei principi particolarmente innovativi o che prima non c’erano.

Consideriamo le Olimpiadi, ma non quelle moderne, bensì proprio quelle greche svoltesi ad Olimpia dal 776 a.C. al 393 d.C., in un tempo infinitamente lontano.



Sebbene la scienza dell’allenamento nel 101 d.C. dovesse essere praticamente inesistente e basata unicamente su prove empiriche, dalle parole del filosofo greco Epiteto riportate nella slide emerge come già allora fosse chiaro che per ottenere un risultato bisognasse allenarsi in un certo modo rispetto a ciò che si perseguiva, e che c’era un allenatore che diceva cosa fare.

Cosa possiamo dire oggi di diverso?
L’ insieme delle regole necessarie per realizzare un programma di allenamento costituisce la teoria dell’allenamento; queste si fondano sulla fisiologia, sull’anatomia, sulla biologia, sulla biochimica, sulla biomeccanica e sulla psicologia, che sono sempre le stesse.

Nonostante ciò esistono diverse scuole di pensiero con approcci completamente diversi e talvolta addirittura contrastanti, che portano però allo stesso risultato (monofrequenza o multifrequenza, buffer o cedimento, scuola di pesistica bulgara o sovietica, ecc. per citare gli esempi più lampanti).

Questo avviene perché le discipline scientifiche, che costituiscono la teoria, vengono a contatto con la vera realtà del mondo dell’allenamento: la pratica.

Non è possibile parlare di allenamento senza fare riferimento alla pratica. Da sempre l’esperienza empirica ha portato a nuove scoperte scientifiche; Isaac Newton non formulò forse la legge della gravità dopo che una mela gli cadde in testa? Ciò avviene chiaramente anche in ambito sportivo, dove l’esperienza sul campo di allenatori ed atleti si fonde con la combinazione interdisciplinare di più nozioni scientifiche.

Ritornando al significato della frase del prof. Bosco, personalmente non potrei essere più d’accordo. Così poche e semplici parole racchiudono l’essenza dell’allenamento; il corretto modo di allenarsi è legato allo studio e all’analisi dell’individuo, e la stesura di un piano di allenamento deve essere cucita su sua misura.

La fisiologia e la biologia non cambiano, ma il modo in cui l’organismo risponde ad uno stimolo muta continuamente, oltre che da individuo a individuo, anche nello stesso soggetto col passare del tempo, perché l’allenamento non è altro che un processo atto a modificare l’espressione fenotipica dell’atleta, e questo, come essere umano, si evolve e cambia nel tempo.

A mio avviso i punti chiave da tenere a mente per gestire con successo un percorso di allenamento sono due.

Il primo è quello di comprendere le logiche alla base di un programma, condividerne le scelte, monitorare, valutare costantemente, modulare nel corso del tempo volume ed intensità, essere flessibili ed in grado di adattare il tutto alle necessità del momento. A parole può sembrare banale, ma all’atto pratico non lo è affatto; è necessaria una buona conoscenza di sé stessi o dell’atleta. Non farlo equivale a concepire l’allenamento solo come un mero insieme di numeri e formule matematiche privi di significato (oggi 3×10, domani 10 ripetute da 300 metri, il giorno dopo ancora 4×8 e così via), o come un qualcosa di già terminato e compiuto una volta steso il programma. Non è così ed è proprio questo il bello.

Il secondo punto è possedere una panoramica ampia della scienza dell’allenamento, perché questo allarga moltissimo lo spettro delle scelte possibili. Pensare che esista solo una strada che ci porti dove vogliamo arrivare è sbagliatissimo a mio avviso. Esistono probabilmente infinite combinazioni di schemi, mezzi e metodi allenanti, perché limitarci ad usarne solo una minima parte? Per pigrizia o chissà quale preconcetto? Conoscere permette di ampliare le vedute. La conoscenza è alla base di tutto; se non si comprendono i pilastri su cui è fondata la metodologia dell’allenamento, da cui poi derivano i metodi, saremo sempre profondamente limitati nelle nostre scelte. L’ esperienza derivante dalla pratica è essenziale poi per contestualizzare il tutto, effettuare le scelte giuste nel momento giusto.

Sperare di ottenere buoni risultati senza metodo scientifico ed esperienza sul campo equivale ad andare a caccia di farfalle.
Così l’allenatore competente diventa un artista, e l’atleta la sua opera d’arte, la cui piena espressione è l’esecuzione del gesto motorio perfetto, di una prestazione eccellente, resi possibili grazie a modificazioni delle caratteristiche fisiologiche, psicologiche e biomeccaniche.

Quando un atleta incrementa le proprie prestazioni, non è solo lui a migliorare, ma è stato anche il suo allenatore a crescere. Un atleta può diventare più forte perché il suo allenatore è migliorato, così come un allenatore può imparare e migliorare grazie al miglioramento dei suoi atleti.

Dobbiamo assolutamente dare ragione al prof. Carmelo Bosco!


Giovanni Bandini




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